Opere / Artworks

DANIELA FORCELLA : REGINA DI CUORI

(Cose pensate, sentite, viste, sognate)

Testo critico di Alan Jones

È la stessa tranquilla ed insensata
bellezza della materia che mi appare
metafisica ...

(Giorgio De Chirico)

Il lavoro di Daniela Forcella, come quello di altri artisti e di quelli incontrati in particolare per la prima volta, è ben inserito in un contesto topografico che ci può essere d’aiuto, dal momento che abbiamo deciso di esplorare la sua personale geografia immaginativa. Il nostro compito è quello di fare una mappa sia di Milano, città in cui vive, sia della sua fantasmagoria interiore.

Siamo, prima di tutto, nel centro storico di Milano proprio nel 'cuore' della città, espressione particolarmente appropriata nel caso di Daniela Forcella, data l'importanza del cuore nella sua “agenda creativa”.

Il termine centro storico può essere però fuorviante se applicato ad una Milano contemporanea o al lavoro di Daniela Forcella. Misurare l'arco storico-temporale di una città, in termini di millenni o secoli, sarebbe fuori luogo: qui l’intento è quello di far luce sul contrasto tra il ruolo vitale di Milano nella storia del Modernismo europeo, ed il contesto storico con cui il lavoro di Daniela Forcella entra in sintonia.

Anche se Bergamo è la sua città nativa, Milano è stata il punto di partenza della sua creatività. Sarebbe interessante elencare le città d'Europa che, in ordine di nascita, hanno contribuito maggiormente all'evoluzione del Modernismo, a partire dalla seconda metà del XIX secolo fino ad oggi. Questo sarebbe possibile solo avendo il permesso di scartare la password 'post-moderno' una volta di moda, che fortunatamente, come la nouvelle cuisine, è caduta in disuso per più di una decade e mezzo. Non ho difficoltà ad esporre la mia convinzione secondo cui il progetto nobile che chiamiamo Modernismo non ha, in qualsiasi significato, terminato la sua evoluzione con Baudrillard & Co.

La città di Milano si erge sulla rotta commerciale dove si trovano i luoghi principali delle avanguardie storiche; come in altre di queste capitali europee, il fermento culturale ha avuto luogo contemporaneamente in più di una sfera. Questo vale per Milano, Barcellona, Weimar, Vienna e Bruxelles.

Se Daniela Forcella esemplifica un’intera gamma di caratteristiche della tradizione milanese, proprio per tal motivo una breve descrizione di questi tratti distintivi è utile per dimostrare come il suo lavoro può essere emerso solo da circostanze tipiche italiane, ma uniche del capoluogo lombardo. L'evoluzione di questa tradizione modernista innovativa si è svolta contemporaneamente all’interno di una vasta gamma d’arte, grazie alla convergenza di molti fattori, artistici e finanziari. Milano fu capitale europea illuminista, culla della libertà verso l'indipendenza d'Italia nel XIX secolo, polo industriale, luogo di nascita del Futurismo, Urquelle rivoluzionario che servì come modello primario per i movimenti artistici in tutto il mondo: Cubismo, Dadaismo, Suprematismo, De Stijl, Bauhaus, Vorticismo... Tecnologia che porta alla cultura, e cultura che porta alla tecnologia.

L’Art Nouveau è stata “l’audace nonna materna” di tutti i movimenti modernisti; Art Nouveau o Liberty ha rappresentato il primo esempio di innovazione estetica paneuropea emergente da un ambiente post-simbolista. Ha toccato le belle arti in tutte le sue forme – la pittura, la musica, l’architettura, la progettazione grafica fino alle arti applicate. Inoltre l’Art Nouveau ha ottenuto questo risultato attraverso l'imposizione di un’estetica sensibile attenta a non applicare un programma sociale alla sua rivoluzione estetica. Se Salvador Dalí è stato il primo nel Novecento a ri-valutare e ad apprezzare la fresca verve dello stile Liberty, si può trovare una parentela con esso nel lavoro di Daniela Forcella.

D’altro canto il Futurismo - in contrasto netto – ha calpestato l'acceleratore e velocizzato il suo programma ultra-radicale in una missione eroica, per trasformare dal basso verso l'alto ogni aspetto della vita urbana moderna. Fin dall'inizio Marinetti, il padre fondatore del Futurismo, ha scelto Milano come sede centrale. Il Futurismo e l'impatto travolgente del suo programma estetico aveva l’intento di diffondersi con notevole rapidità in ogni capitale del mondo, a partire dall’Italia industriale. Senza Futurismo i “ribelli dal sangue caldo”, come Ezra Pound a Londra, non avrebbero dichiarato: “Non voglio niente di meno che una nuova civiltà”.

Se la Lombardia riemergesse dalla Seconda guerra mondiale come una delle zone europee di più vivace innovazione, grazie alla combinazione di paradigmi industriali-imprenditoriali che collegavano la crescita tecnologica alla sperimentazione artistica, ciò sarebbe dovuto in gran parte alla perenne validità del modello futurista. Milano è una capitale internazionale del design industriale, della moda, dell’architettura, del teatro e dell’arte, abbracciata e sponsorizzata con entusiasmo da una classe imprenditoriale illuminata: tale è il contesto socio-economico da cui è emersa la generazione artistica di Daniela Forcella.

L'Emblema può essere visto come il DNA grazie al quale nasce l'universo di Daniela Forcella. La riproduzione della natura, attraverso la rappresentazione manuale o fotografica, è stata contestata molto tempo fa dagli artisti nel solco dell’astrazione. Il dibattito tra realismo figurativo e astrazione pura è stato, nel complesso, una grande perdita di tempo: ad un certo punto si è fermato limitandosi a porre domande più futili delle risposte: la stragrande maggioranza di etichette poste su movimenti artistici, quasi sempre da non-artisti, è negativa per la nostra comprensione dell’arte.

Prendiamo, per esempio, due importanti nomi di movimenti artistici: Arte Concettuale e Arte Povera.

Innanzitutto, tutte le manifestazioni artistiche che siano alla Biennale di Venezia o presso le grotte di Lascaux sono per loro natura intrinsecamente concettuali, e anche dopo decenni di ricerca non sono in grado di collocare la povertà nell’Arte Povera.

Il lavoro di Daniela Forcella invece non si limita ad un unico stretto dogma didattico: ciascuno dei suoi progetti, a seconda dell’occasione, del mezzo e della dimensione, stabilisce la sua forma finale mediante un processo organico. Infatti il regno in cui il suo lavoro si realizza è emblematico. Si può dire che l’Emblema combini il simbolo muto (nella sua forma più pura) e la metafora con un’allegoria palesemente loquace.

È possibile trovare facilmente elementi di Simbolismo nell’arte astratta quanto in una figurazione realista: una croce può essere riconosciuta in una tela di Malevich e in una pala Grünewald, anche se dipinte per scopi diversi; la tavolozza cupa che Mark Rothko ha utilizzato nella sua cappella a Houston, in Texas, suscita forti reazioni emotive attraverso il solo colore puro, così come un figurativo tramonto marino di Caspar David Friedrich, che ispira uno stato d'animo di contemplazione malinconica meditativa, volge la mente a pensieri sull’infinito.

L’immediata genealogia del lavoro di Daniela Forcella inizia con il Modernismo stesso. Non è affatto difficile immaginare il suo lavoro adattarsi perfettamente alle avanguardie di Vienna della Belle Epoque. Qui, durante il tempo della Wiener Sezession e della Wiener Werkstatt, comparvero artisti come Gustav Klimt. Questi movimenti furono in grado di eliminare la classificazione che aveva diviso in compartimenti le grandi arti dalle piccole, le belle arti dall’applicato, le arti sublimi di pittura e di scultura dal pratico: architettura, moda e design. Poco dopo la scuola del Bauhaus giunge a Weimar per rappresentare il punto d’approdo delle successive accademie d'avanguardia.

Dopo la seconda guerra mondiale, negli Stati Uniti, il Black Mountain College divenne il più importante punto di sperimentazione artistica dove la ceramica e la tessitura, la musica e la danza, la pittura e la poesia erano fianco a fianco. Nello stesso periodo in Italia una grande generazione imprenditoriale, meglio rappresentata da Adriano Olivetti, metteva in pratica una nuova visione della produzione industriale e delle strutture corporate. Queste ultime hanno portato artisti al centro della scena, ad esempio grandi architetti come Carlo Scarpa, che ha ottenuto l'accesso alla Sala del Consiglio, così come pittori e poeti, da Salvatore Fiume a Bobi Bazlen.

Questo albero genealogico non sarebbe completo senza menzionare la significativa relazione di Daniela Forcella con la Pop Art, in tutte le sue affiliazioni nazionali, da New York, Londra, Los Angeles fino a Parigi e Milano, mentre a Roma, in Piazza del Popolo, l’intero “circo” della Pop Art era in pieno svolgimento.

[…] In quella parte – dove sta memora
prende suo stato, – sì formato,
come diaffan da lume, – d’una scuritate
la qual da Marte – vène, e fa demora;
elli è creato – ed ha sensato – nome,
 d’alma costume – e di cor volontate. […]

(Guido Cavalcanti, Donna me prega)

Se la mente medievale è stata organizzata secondo sistemi, emblemi e allegorie, tutti a servizio della Memoria, madre delle nove Muse, così anche l'approccio di Daniela Forcella al simbolo, o più precisamente all’Emblema, abbonda di archetipi junghiani. Allo stesso tempo possiede molte caratteristiche comuni alla natura iconica Pop del lavoro di Andy Warhol (iconica nel senso più stretto del Cattolicesimo Orientale, date le origini slave della famiglia di Andy Warhol). L'iconografia forcelliana si forma, come in Warhol, attraverso un processo di semplificazione, che si concentra sul fattore di riconoscimento di questa immagine nella sua versione più elementare possibile. L'immagine si sforza di realizzare un istante della “banca iconica” della nostra memoria; l’indagine che l’artista esegue è per ideare un formulario universalmente leggibile.

Per Warhol questo potrebbe significare riprodurre all'infinito i marchi di prodotti comuni del supermercato. Per Daniela Forcella può essere invece il ‘segno’ semplificato, una testa di un uomo di profilo, che rimanda velocemente al suo nome come accade per i simboli internazionali incontrati negli aeroporti, o come accade, altrettanto spesso, per il cuore umano, geroglifico universalmente riconoscibile più come un “appoggio emotivo” che un organo fisico.

Questo simbolo è immancabilmente presente sui biglietti di auguri per San Valentino, nelle rappresentazioni scultoree o pittoriche del Sacro Cuore, persino nei graffiti di adolescenti realizzati nel tempo libero, dove, inciso sul tronco di un albero il cuore viene penetrato dalla freccia infallibile di Cupido. Si potrebbe incontrare il rustico simbolo del cuore nelle decorazioni dei mobili Weinstuben, o nell’accogliente loggia per gli sci Tyrolia. Infine, nel caso di Milano, tutto quello che bisogna dire è il suo famoso motto:

“Milan coer in man”
('Milano, il cuore in mano').

Antropologi futuri potrebbero un giorno voler ripercorrere la migrazione che ha fatto il geroglifico inventato da Milton Glazer - nato anche con il simbolo Smile - fino a divenire un simbolo già imitato in tutti i paesi del mondo per diversi decenni:

“I  NY”.

Daniela Forcella, attraverso l’uso del simbolo, richiama alla mente il mondo intricato dell’araldica, un sistema di segni rebus non dissimile dal nostro, che persino al giorno d'oggi presenta bandiere che annunciano l'identità degli Stati nazionali, o ancora una simbologia, subito riconoscibile, impiegata in loghi coorporate e simboli di prodotti protetti da copyright. L’araldica medievale, d'altra parte, è stata creata da un’evoluzione accumulativa che avrebbe immediatamente mostrato la discendenza combinata di un guerriero nobile e dei suoi cavalieri.

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La prima pittura da cavalletto era fatta di tavole in legno su cui veniva tesa una pelle. Il cavalletto poteva essere trasportato facilmente dal braccio sinistro grazie ad un cinturino di pelle o ad una maniglia sul retro. La mano destra così era libera di impugnare una spada o lancia.

Lo scudo è stato la prima e più importante superficie su cui pubblicizzare quello che originariamente era chiamato semplicemente "segno" e che in seguito divenne noto come stemma, cresta, distintivo, insegna, emblema, dispositivo. Oggi la superficie di uno scudo si riferisce all’araldica come suo 'campo', sulla quale è dipinta la lingua altamente codificata dei segni distintivi.

In ogni stemma, secondo le regole di base della pittura araldica, l’oro o l’argento rappresentati da giallo e bianco, devono apparire almeno una volta. Essi sono chiamati i "metalli", utilizzati in alternanza con i "colori", in ordine di frequenza: rosso, blu, nero e verde. Qualsiasi simbolo posto sul “campo” di uno scudo si chiama carica. I colori possono essere impiegati per lo sfondo dello scudo o per la colorazione di una carica. In ogni caso le aree rimanenti devono essere rese con il metallo, ed è corretto per un “campo” che presenta qualche modello geometrico fare una parte in metallo.

Nel linguaggio astratto dell’araldica cariche di ogni genere potranno essere “caricate” e “controcaricate” (in perenne variazione; presentano successioni e combinazioni di simboli, uniti da punti anti-nodali, da linee, da quantità, in quella che viene definita la ' divisione del campo ', un corteo inesauribile, come ci ricordano le mosse sulla scacchiera duchampiana. Caricate, controcaricate ed emblematiche, immagini con schemi precisi galleggiano sempre al centro del “campo” delle opere di Daniela Forcella.

Questa lingua è antica quanto la scrittura. Daniela Forcella dimostra un linguaggio fluente in questo sistema primordiale di vasta invenzione simbolica e proprietà intercambiabili, un linguaggio elementare che condivide la stessa immagine e il suo impulso radicale, fonte di tutti gli alfabeti, geroglifici e ideogrammatici.

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Il modo in cui Daniela Forcella ordina un insieme di segni variamente intercambiabili, ad esempio l’occhio, la testa ed il cuore, si presenta come un proprio linguaggio araldico astratto, un sistema schematico di una simbolica invenzione di combinazione ed intercambiabilità, di una vasta gamma di proprietà emblematiche. La sua simbologia, unica nel suo genere, prende forma creando oggetti attraverso l'uso di forme semplici, ridotte all'essenziale, a colore e superficie di supporto. Giunge così a rappresentare un costante ed elementare trampolino che anima il lavoro.

Grazie alla sua manualità attua molteplici manipolazioni, possibili per la sua toybox creativa formata da puntelli superficiali. Come il poeta Jean Cocteau disse una volta: “Un pittore non può mai avere troppo pochi colori sulla sua tavolozza, un poeta troppo poche parole nel suo vocabolario, e un compositore troppe poche note sulla sua tastiera”.

In un atto di equilibrio di una materialità trascendente questi soprammobili loquaci, pieni di animazione e di balzante esuberanza, emergono con leggerezza ludica dal suo atelier, privo di una noiosa routine e di un’accettata abitudine. Una traccia teatrale di Glee si libra nell'aria: si potrebbe dunque facilmente immaginare Daniela Forcella che progetta l'arredamento per qualsiasi tipo di balletto, da Till Eulenspiegel a Pierino e il Lupo. Ma quale posto migliore per iniziare se non dalla Petruschka di Igor Stravinsky?

La miscela di ingredienti di Daniela Forcella dimostra la sua adesione a questa apparentemente semplice ricetta. Questi oggetti emanano un calore proprio; modificano gli ambienti in modo intuitivo attraverso copiose ed occulte fonti interne di forma, colore, spazio, temperature e persino di umidità che sembrano quasi modificare e regolare il movimento degli occhi e del battito cardiaco.

Il mantra della ripetizione, della variazione del ritmo e della reiterazione del tema rafforza il flirt ben equilibrato con ciò che è funzionale: Daniela Forcella attraverso la sua sonorità materiale e una certa simbolica 'linea melodica' fa risuonare il suo lavoro con un fragore Minoan: una cromosfera significativa, magnetizzata in ogni momento, sempre intensa.

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“Vedo un momento che verrà presto, quando le persone non saranno più classificate in base al commercio che praticano”' scrisse Alberto Savinio nel suo libro “La nascita di Venere” del 1918: "Non ci saranno più poeti, pittori, compositori. Ci saranno solo individui la cui espressione è in grado di raggiungere tutte le possibili forme concrete qualsiasi assumibili, in base a cosa le loro menti hanno pensato...”.

Daniela avanza lungo questa strada creativa con allegria, esuberanza incontenibile e una solarità ottimista che il mondo ha bisogno più che mai.

Alan Jones,
Milano, 2015